L’amore è un sentimento intenso e profondo di affetto, simpatia e adesione, rivolto verso una persona, un animale, un oggetto o verso un concetto, un ideale. Oppure può venire definito, sotto un altro punto di vista (scientifico), un impulso dei nostri sensi che ci spinge verso una determinata persona.
inizia così.
e io non l’avevo mai letta la voce “amore” su wikipedia.
se siete curiosi, la trovate qui.
una pagina triste, mesta, banale, in cui l’unico guizzo di interesse lo si intuisce dalle voci correlate. ma tant’è. per fortuna, nel mondo reale e perfino in quello virtuale. si ama molto meglio di così.
e in una notte di agosto nella città serrata e deserta si alza nel silenzio la voce di quello che non ha battuto chiodo tutta estate e urla al cielo: fanculo, l’anno prossimo me ne vado in crociera sulla trombonave!
amico, t’ha detto proprio male: la leggendaria trombonave non esiste più. cioè: la Mariella, la nave che da Stoccolma va ad Helsinki e viceversa ovviamente è ancora in funzione. però tutte quelle cose che succedevano a bordo non succedono più. il motivo è che grazie a siti come questo si è riempita di italiani che d’estate in città non battono chiodo e invece di farsi un’analisi di coscienza e di look preferiscono dare la colpa al contesto (donne comprese). e poi perché con la crisi riduce tutto, anche la forza di tiro del leggendario pelo. e quindi quelli rimasti all’asciutto puntano a mari domestici, con rotte come Bari-Bar (Montenegro) o Brindisi-Patrasso (Grecia).
ma la trombonave, che qualcuno chiamava loveboat e quasi tutti fucking-boat, è stato un mito per molti anni. qui di seguito, l’articolo che scrissi per Grazia in proposito nell’estate 2008. il sito che trovate indicato non esiste più. ma certi miti, per fortuna, sopravvivono anche se non sono più scritti su internét.
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Mamma, mamma! Quest’anno voglio andare in vacanza con i miei amici in inter-rail nei paesi nordici”.
Se vostro figlio adolescente o neodiplomando o matricola universitaria quest’anno si presentasse con questo desiderio, preparatevi. I motivi che lo spingono verso una mèta così lontana e, a dire il vero, poco attraente per un’estate di mare, di sole e di spiagge festaiole, sono fondamentalmente due: i paesi nordici offrono un ricco scambio culturale e inducono, per la loro stessa natura all’introspezione e alla meditazione in solitaria. Read More
pare che io sia la sola a essere in città in questi giorni. mi sa che la crisi ce l’ho solo io.
e allora ripesco questo pezzo apparso su Grazia nel 2008 con il titolo La rivincita delle vitellone!
buona lettura, ovunque voi siate.
Nei giorni scorsi mi è capitato tra le mani un sondaggio sulla vacanza preferita dai single milanesi e romani. L’indagine chiedeva agli intervistati cosa cercano in estate: avventure di una notte, amore per la vita o qualsiasi altra cosa non riguardi i sentimenti. Il risultato è quanto mai sorprendente. Non solo i single italiani in vacanza paiono completamente disinteressati alle storielle consumate tra ombrelloni e beach party, ma addirittura il paese si spacca in due: i romani a inseguire il vero amore e i milanesi in immersione nella cultura. Insomma, un vero e proprio federalismo vacanziero, senza più quel gusto della conquista facile, del mordi e fuggi, della botta e via in scivolata sull’olio di cocco. Divisi tra l’irresistibile tentazione della monogamia e la voglia di imitare Indiana Jones, gli italiani paiono aver dimenticato la meraviglia dei flirt estivi consumati sulla spiaggia con la sabbia che ti si infila negli slip a tradimento, la magia dei baci al tramonto, la trasgressione animalesca nelle calette nascoste. Insomma: tutto quello che trasforma una semplice vacanza in una vacanza da raccontare agli amici. E ben venga se, insieme al sesso ci stanno un po’ di emozioni. In vacanza si è tutti più belli, più rilassati, più tranquilli. La carne al sole, i bikini –ini –ini, le nudità intraviste, fanno salire la temperatura e avvicinare i corpi. A volte capita di intravedere anche un sentimento sotto all’ammasso dei bicipiti scolpiti e tatuati; ed è un attimo ritrovarsi a fantasticare di poter replicare sempre quella sensazione, di riportarsela in città insieme alle conchiglie, di metterla sotto vetro e conservarla per il difficile inverno cittadino e solitario.
…davvero la vacanza da vitelloni è ormai passata di moda? No, io non ci credo. Read More
Sto conducendo in questi giorni un’inchiesta sugli uomini violenti che finiscono per trasformarsi in carcerieri, torturatori e addirittura assassini. Il pretesto è un caso VIP: quello di Pistorius, atleta di fama mondiale, uomo di grande ambizione e determinazione in grado di abbattere la barriera che separa sportivamente i sani dai mutilati, ma che nel privato era noto per essere un compagno violento e irascibile.
Nel condurre ricerche sul femminicidio, come al solito, mi sono imbattuta nel dipanarsi graduale della violenza. Il femminicidio è l’ultimo atto, quello in cui la protagonista muore. Ma prima c’è la sua lunga e dolorosa storia.
Io che per mestiere nella mia vita comunico, quando affronto questo tema mi sento in dovere ogni volta di richiamare quella che reputo la verità più dolorosa ma utile: la violenza è quotidiana e spesso invisibile, nascosta dalla banalità e dall’ordinarietà, da un aspetto mite, dall’ammonimento costante a non insinuare il dito o il dubbio sulle altrui relazioni.
Esiste un sito che si chiama In quanto donna.
Lo cura una donna, Emanuela Valente, che ha iniziato negli anni a raccogliere i nomi e i volti di chi ha ucciso (uomini) e di chi è stata uccisa (donne, spesso anche figlie).
Scorrendo i ritratti degli assassini la cosa più sconcertante è la loro normalità.
Sotto a facce che sono quelle di un padre, di un panettiere, di un postino, di un dottore ci sono didascalie raccapriccianti:
– Luigi Faccetti, 24 anni. Massacra con 14 coltellate la fidanzata, che si salva, e viene condannato a 8 anni. Dopo 10 mesi gli vengono concessi i domiciliari, fa sequestrare l’ex fidanzata e la uccide con 66 o 80 coltellate, di cui 20 al cuore. Condannato a 30 anni con rito abbreviato, pena confermata in appello il 31 gennaio 2013.
– Ruggero Jucker detto Poppy, 36 anni, rampollo della Milano bene, Re della zuppa. Fa a pezzi la fidanzata con un coltello da sushi e lancia i pezzi in giardino. Condannato a 30 anni in primo grado, pena patteggiata in appello e scesa a 16 poi ulteriormente ridotta a 13. Ha già usufruito di 720 giorni di libertà come permessi premio e avrebbe dovuto essere libero da giugno 2013, ma la scarcerazione è stata anticipata per buona condotta (13 febbraio 2013).
– Maurizio Iori, 49 anni, primario oculista. Accusato di aver avvelenato l’amante e la figlioletta di due anni, condannato all’ergastolo e 2 anni di isolamento diurno (Sentenza 18 gennaio 2013).
– Antonio Giannandrea, 18 anni, studente. Picchia, soffoca e sgozza la fidanzata con un coltello da cucina. Poi getta il corpo in un burrone e tenta di depistare le indagini. Chiesti 16 anni con rito abbreviato.
Dentro questo sito ci sono anche loro:
– Desiree Piovanelli, 14 anni, studentessa. Accoltellata e morta dissanguata dopo un’ora e mezzo di agonia, con i piedi legati con un nastro da pacchi, dal cosiddetto “branco di Leno”: 4 amici di infanzia, di cui solo uno maggiorenne.
– Patrizia Maccarini, 43 anni, operaia. Uccisa con una coltellata al cuore dall’ex fidanzato.
– Hina Saleem, 20 anni, lavorava in una pizzeria. Sgozzata e seppellita nell’orto dal padre, due cognati e uno zio.
– Francesca Alleruzzo, 44 anni, mamma di 4 figlie, maestra. Uccisa a fucilate dall’ex che ha ucciso anche il nuovo compagno di lei, Vito Macadino, e si è poi recato in casa dove ha ucciso una delle figlie, Chiara, 19 anni e il suo ragazzo Domenico Tortorici.
– Monia Del Pero, 19 anni. Strangolata, denudata, messa in un sacco della spazzatura e nascosta in una conduttura delle acque dall’ex fidanzato.
– Moira Squaratti, 26 anni, assistente in uno studio dentistico e volontaria Avis. Picchiata, strangolata e uccisa con 15 coltellate dal fidanzato.
Ieri in piazza abbiamo ballato anche per loro. Scacciando, con la gioia della danza, la terribile sensazione che l’anno che sta arrivando non sarà migliore di quello passato.
Ancora per troppe donne come noi.
La mia nonna era una donna d’altri tempi. Tra lei e me c’è un secolo breve, due guerre, nove gravidanze, sette figli diventati adulti. Una parte della mia formazione in fatto di relazioni la devo a lei. A lei e al Cioè, ché quando io mi sono improvvisamente accorta che esistevano i maschi e abitavano il mio stesso mondo e in fondo non erano poi così male -anche se bastava lanciargli una palla perché si mettessero a correre come dei cani- non c’era internet. E di certe cose ce ne metti un bel po’ prima di renderti conto che puoi parlarne con mamma realizzando che è una donna anche lei e, in qualche modo, c’è già passata.
Dopo nove gravidanze mia nonna aveva da insegnarne parecchie sulle conseguenze dell’amore. E, più precisamente, sulle conseguenze dirette del fare all’amore.
Che ai suoi tempi era una cosa seria e noiosissima. Fare all’amore a qualcuno significava corteggiarlo formalmente. Cioè passare le serate mano nella mano seduti in salotto sotto lo sguardo attento e inquisitore di parenti e animali domestici. Fare all’amore, ai tempi della mia nonna, valeva più o meno come l’abitudine a farsi compagnia. Read More
Abbiamo creato un mostro!
Personalmente, ne ho sentito parlare al bar dell’ospedale. Se ne discuteva tra baristi, OST, chirurghi, professori emeriti e pazienti. Un’amico mi ha inviato un sms dal gate d’imbarco a Malpensa: anche lì se ne parlava tra passeggeri, guardie e hostess. A uno stuart disinteressato è stato dato del gay. Altre segnalazioni mi sono arrivate da uffici postali, esercizi pubblici, stanze del potere, persino da un consiglio comunale.
Quando se ne parla, sono chiamate in causa tutte le passioni deviate dell’uomo: l’invidia, la gelosia, la lussuria, il peccato, il tradimento, il senso del possesso, l’avidità.
Come la protagonista di una fiction ispirata a una trama shakespeariana, Laura Maggi ha invaso le nostre vite risvegliando passioni e assommando in sé la vecchia parabola della tentatrice, colei che coglie la mela e rende l’uomo vulnerabile e le altre donne rosicone.
Quando la redazione del Corriere della Sera mi ha chiesto di fare un commento alla linea gestionale del bar di Bagnolo, avevo in mente un mio piccolissimo omaggio allo stile di Aldo Grasso. Volevo portare il dibattito a un livello di analisi comparativa: la barista che si spoglia per aumentare il cassetto come le vallette di Sanremo nude per alzare lo share.
Con il senno di poi, mi rendo conto di essere stata troppo buona.
La questione è molto semplice: un pubblico esercizio deve sottostare alle normative che lo regolano. Il che significa che servire il caffè a capezzoli scoperti o girare con micro gonne senza mutande rientra appieno nel reato di atti osceni in luogo pubblico. Potete trovarne traccia nell’art. 527 e seguenti, ossia:
527: atti osceni
528: pubblicazioni e spettacoli osceni
529: atti e oggetti osceni -nozione.
L’art. 527 del codice penale italiano prevede che
chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.
Se la persona è handicappata, l’art. 36, comma 1 della legge 104/1992 inasprisce la pena di un terzo. Se invece “il fatto avviene per colpa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantuno euro a trecentonove euro” come previsto dal secondo comma.
Perché si parli di reato, l’atto deve:
– essere osceno,
– essere commesso in un luogo pubblico, al quale cioè chiunque può accedere senza limitazioni di sorta e/o in un luogo aperto al pubblico e/o in un luogo esposto al pubblico.
Direi che siamo tutti d’accordo sul fatto che un bar-tabacchi rientra perfettamente in questa categoria.
A questo punto, il dibattito si sposta. E la questione diventa precisamente questa: se Laura Maggi è bella, può essere accusata di atti osceni in luogo pubblico?
La legge non prevede distinzioni tra belli e brutti; dunque la risposta è sì.
Laura Maggi mentre si asciuga le mani con discrezione
Laura Maggi mentre prepara i caffè
L’obiezione più diffusa (e utilizzata dalla stessa Maggi) è che il movente delle polemiche sulla gestione del suo esercizio sia l’invidia e la gelosia. Possiamo considerarla un’attenuante?
La legge presuppone che individui adulti nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali possano gestire le emozioni che normalmente animano la loro vita, comprese dunque la gelosia e l’invidia. Anche in questo caso, dunque, nessuna attenuante.
Laura Maggi mentre si fa un’analisi di coscienza
Laura Maggi mentre espone la regolare licenza
Si apre dunque un dibattito sulla pagina di Facebook in cui gli “Amici di Maggi Laura” pubblicano -tra le varie foto- la pagina del Corriere con l’articolo che la riguarda. Seleziono, per ovvi motivi di spazio (e altrettanti di estrema noia) i più significativi. Ossia:
Maurizio Botta – Il problema non è suo è delle consorti bigotte.
Stefano Gremo Fois – L’invidia brutta bestia fregatene l’importante è la felicità
Pietro Rossini – Che tristezza l’invidia.
Daniele Tesconi – Certo che se le moglie la daressero di piu e in modo diverso i mariti non andrebbero a cercare al trove dico bene?
Mauro Bonometti – Le mogli dopo che si sposano son sempre in tuta felpa papucce e con i mutandoni poi si lamentano se il marito va da quelle messe giuste
Stefano Lancini – Brava laura sei bellissima… sono solo gelose perchè sei più sexy di loro…
Luciano Zucca – Se mogli/fidanzate/amiche/parenti si dimostrassero più “gentili”, “carine” e “socevoli” con i loro congiunti non avrebbero nulla da temere da Laura!
Arianna Piazzetti – Tanto scalpore per cosa! Donne, ma voi che giudicate lei per il suo modo un po…stravagante… non vi vergognate alla festa della donna che andate a vedere gli spogliarelli e non commento gli sguardi di quando lo vedete…
Giordano Zaglio – Laura non fa del male a nessuno anzi dovrebbero ringraziarla che quando i mariti /fidanzati rientrano scaricano le loro attenzioni sulle proprie compagne.
Marco Gritti – Ma non anno un cazzo da fare le mogli a parte rompere le balle per un bar che lavora ..solo gelosia perche non possono permetterselo un kiss su quella linguetta
Dagli elegantissimi commenti, emerge chiaramente il tema dell’imitazione di modelli televisivi comunemente accettati e dunque, idealmente, replicabili nella vita di ogni giorno come espressione di libertà individuale e addirittura di coraggio. Non solo: ritorna il tema dell’invidia, soprattutto femminile, per un esemplare di bellezza e sensualità disinibita.
E infine, prende il sopravvento la maledizione di Eva: quando si tratta di sessualità, un uomo è innocente a priori.
La sua bestiale eccitazione deve essere vissuta da una donna come un premio, accolta come una benedizione, coltivata come missione primaria intorno a cui far ruotare la propria vita. Su questo principio, la femmina più volte posseduta diventa ipso facto poco attraente, noiosa; e dunque si ha il pieno diritto di rigettarla. E di nuovo sono le donne non solo a dover operare un mea-culpa per la mancata erotizzazione costante del proprio maschio, ma addirittura a ringraziare la barista Maggi per essere riuscita ad accendere il suo meccanico e più basso istinto spermatico.
E questo è il punto in cui sta la vera differenza.
Perché sul fatto che la legge debba intervenire e imporre all’esercizio pubblico di Bagnolo una condotta consona alle leggi dello stato in cui opera è un dato di fatto. Laura Maggi e le sue amiche sono libere di continuare la propria attività nei modi che preferiscono entro i limiti di legge. Il che significa che un pubblico esercizio in cui coesistano caffè e capezzoli potrà continuare ad esercitare solo se la giunta approverà nelle prossime settimane il nudismo come pratica accolta e accettata in Bagnolo.
Resta invece una distanza insormontabile tra questa barista e la sensualità. E direi che è ben rappresentato dal video realizzato da Studio Aperto e che potete trovare qui.
Galeotto fu il tampax
Al minuto 00:38, Laura si esibisce in una camminata ancheggiante per far capire allo spettatore tutta la sua carica erotica.
Il cameraman, allenato alla scuola Mediaset, la riprende da terra, con una prospettiva da sotto la gonna.
Per qualche secondo, dallo slip di Laura osserviamo il filo del tampax che scende e sventola.
Direi che in questo filmato è racchiuso il senso dell’erotismo incarnato da Laura Maggi. Che, non so a voi, ma a me fa lo stesso effetto del super porno show di fantozziana memoria.
Il caso di Bagnolo apre una ferita dolorosa, quella di un mondo in cui una sessualizzazione selvaggia, promossa dai media corporativi (tutti, indistintamente) e accettata da ogni componente della società (tutti, nessuno escluso) ha portato uomini e donne a sentirsi parte di una sorta di guerra erotica, in cui il sesso è un’arma, la sensualità una prova di forza, lo scambio sessuale una transazione e in cui sia necessario essere il più forte.
Mi dispiace per gli amici di Maggi Laura: io resto dell’opinione che la seduzione e l’eros stiano da un’altra parte.
Che forse sarà così nascosta da dubitare ogni tanto perfino che esista, come il punto G. Ma che di certo non si trova tra il filo dell’assorbente e un tanga troppo sottile per contenerlo.
Cara Nadiolinda, mi dai un consiglio? Io ho 21 anni. Mi piacciono i locali, dove l’età delle ragazze è di solito tra 16 e 19 anni. Vorrei sapere come conquistare le ragazze in discoteca, non per forza per fidanzarmi: cerco anche solo un’avventura notturna. Di solito, quando cerco di farmi notare, la mia tecnica è questa: mentre le ragazze ballano, io mi avvicino e inizio a ballare dietro di loro. Nel frattempo, gli appoggio leggermente la gamba e il davanti sul sedere. Dopo pochi secondi vengo rifiutato, e questo è successo con tutte. Io ci rimango male perché non sono brutto: tanti dicono che sono carino e che ho un bel fisico. E poi non faccio niente di male. Se una viene in discoteca, forse cerchiamo la stessa cosa, no? Insomma: che cosa posso fare? Spero che mi aiuterai (andreglam, mail firmata)
Quello che mi racconti mi ricorda tanto un articolo che ho letto sulle differenze tra scimpanzè e bonobo. Ad esempio, mentre gli scimpanzè si esibiscono in spettacolari esibizioni di forza, i bonobo si limitano a mettersi in mostra, aspettando che le femmine riconoscano che sono ‘carini e con un bel fisico’. Per i bonobo, l’esibizione della disponibilità sessuale è una pratica costante, anche se poi, in effetti, i loro rapporti sono rilassati e casuali. I bonobo maschi praticano una cosa simile alla tua tecnica di struscio, però lo fanno tra di loro: in piedi, schiena contro schiena, un maschio strofina velocemente il suo scroto contro il fondoschiena dell’altro. Visto che la tua tecnica di aggancio ti sembra così infallibile che insisti a praticarla chiedendoti cosa c’è che non va nelle donne che ti allontanano e anzi mi chiedi un consiglio, eccolo qui: prova a usarla su un uomo, come fanno i bonobo. E se anche così non riesce perfettamente, perché non osi di più? Prendi ispirazione e prova a praticare con un amico il cosiddetto penis-fencing, in cui due maschi di bonobo si fronteggiano appesi ai rami strofinando insieme i loro membri eretti. E ti ricordo che la varietà dei contatti erotici tra i bonobo maschi include il sesso orale, il massaggio dei genitali altrui e intensi baci di lingua. Caro andreglam, quello che mi scrivi mi lascia quantomeno perplessa. Che significa che una donna dovrebbe cercare ‘quello che cerchi tu’ perché va in discoteca? Esattamente, a parte un sesso casuale e disinteressato, che cosa cerchi? Rinfodera la bestia nei pantaloni e prova ad dedicarti a un’arte più evoluta, che l’uomo ha sviluppato differenziandosi dai primati. Si chiama linguaggio e la sua evoluzione è la conversazione. So che può sembra davvero difficile, ma dovresti provare: pare che sia molto efficace per interagire con l’altro sesso.